Concerto Sinfonico - FPC 2021

Concerto Sinfonico - FPC 2021
DATA: 12-09-2021
ora: 21:00
SOLISTA:
DIRETTORE D'ORCHESTRA:Hossein Pishkar

Franz Joseph Haydn
Sinfonia n. 45 “degli addii”
Allegro assai (fa diesis minore), Adagio (la maggiore), Minuetto: Allegretto (fa diesis maggiore) e Trio Finale: Presto (fa diesis minore); Adagio (la maggiore)

Ludwig van Beethoven
Sinfonia n. 2
Adagio molto – Allegro con brio, Larghetto (la maggiore), Scherzo. Allegro, Allegro molto

 

Note di sala

Franz Joseph Haydn
Sinfonia n. 45 in fa diesis minore Abschiedssymphonie (Sinfonia degli addii) Hob:I:45
Ben nota è la storia di questa Sinfonia che mette tra l’altro bene in luce quale fosse il rapporto di affetto quasi paterno che legava Haydn ai membri della sua orchestra. Il principe di Esterhazy non permetteva che i suoi musici lasciassero la residenza fintantoché egli era presente a palazzo. E un inverno che il suo soggiorno si prolungava oltre il dovuto, impedendo ai musicisti di andare a trovare le loro famiglie nella vicina Eisenstadt, Haydn pensò di risolvere il problema con una trovata musicale, che facesse capire al principe quello che nessuno osava dire apertamente: compose cosi la sinfonia divenuta celebre come Sinfonia “degli addii”. Dopo un primo tempo di carattere drammatico, un Adagio di andamento dolce e un inquieto Minuetto, attacca un tumultuoso Finale, espressione di gioia e serenità. Ma ecco che improvvisamente il movimento veloce si tronca e inizia un malinconico Adagio: qui i singoli strumentisti, terminata la loro parte, deponevano lo strumento, spegnevano la candelina che ardeva sul leggio e lasciavano la sala. Così, a poco a poco, il direttore restava solo con due violini, nella sala semibuia, finché anche questi terminavano malinconicamente la loro melodia. Il principe mangiò la foglia e seppe prendere con spirito il gentile scherzo del suo compositore, mandando finalmente in licenza i musicisti.

Ludwig van Beethoven
Sinfonia n. 2 in re maggiore op. 36
La sinfonia n. 2 in re maggiore è stata composta tra il 1800 e il 1802. Essa si situa sul margine estremo dell’esperienza beethoveniana che ancora risente degli influssi della tradizione, soprattutto di Haydn e di Mozart. Siamo ancora nella sfera delle opere giovanili dove già si avverte una delle caratteristiche fondamentali dello stile di questo maestro: la concisione. L’arte del comporre arriva con Beethoven ad un punto cruciale come mai si era verificato nel passato. Il materiale sonoro viene ora sottoposto ad un controllo rigoroso, ad una verifica imparziale in base ai quali vengono inesorabilmente scartati il superfluo, tutto quello che non inquadra perfettamente col pensiero dell’autore. Questo processo selettivo si manifesta chiaramente negli innumerevoli abbozzi lasciati da Beethoven e che servivano a preparare ed a formare l’opera futura. Se l’idea non possedeva una sua precisa impronta, veniva eliminata oppure elaborata fino alla sua definitiva individuazione. Un simile modo di operare, se da un lato rallentava di gran lunga i tempi necessari per la produzione di una composizione, dall’altro offriva il vantaggio di poter disporre di un lavoro formato da materiale sceltissimo e di altissima qualità. Naturalmente ad un simile trattamento sono sottoposti tutti gli elementi strutturali dell’opera fondendosi in un equilibrio perfetto per essenzialità e compiutezza formale.
La sinfonia n. 2 venne eseguita per la prima volta nel 1803 a Vienna sotto la direzione dell’autore in un concerto che comprendeva anche il Terzo concerto per pianoforte ed orchestra e l’oratorio Cristo sul monte degli Ulivi. L’opera si apre con una introduzione in tempo lento, dalle ampie arcate ombrose e raccolte. L’Allegro molto che segue ci trasporta in un clima sonoro dai toni squillanti e dai ritmi energicamente delineati. I due temi e gli sviluppi si succedono con un’intensa ebrietà di suono. Il secondo movimento viene elargito con la profonda, calcolata misura espressiva già tutta beethoveniana. Il profilo melodico si piega ad un’incisiva e talora rude cantabilità in una mirabile disposizione di parti ed in un inconfondibile interscambio tra luci e ombre. Lo Scherzo è un’agile brano dal tono leggero e delicatamente tratteggiato. Il suo trio riecheggia alcune movenze derivanti dalla tradizione. Da notare che lo Scherzo sostituisce il Minuetto di prammatica nelle opere sinfoniche del 700. L’impulso ritmico che anima l’ultimo movimento, ci richiama ad una di quelle solari ed aperte visioni che nelle opere beethoveniane della maturità dense di contrasti drammatici avranno il compito di sciogliere i nodi della tensione ed almeno in parte gettare luce sugli enigmi di ansiosi interrogativi.

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